lunedì 12 dicembre 2011

Chiunque può cucinare, ma solo gli intrepidi possono diventare dei grandi (Auguste Gusteau)

Oggi facciamo una cosina un po' diversa. Di solito parlo di film che ho visto di recente o che, comunque, siano principalmente dedicati ad un pubblico adulto. Invece adesso vorrei fare una cosa un po' diversa. Questo pomeriggio avevo un attacco di "infantitudine" ("infantilismo" non sarebbe, a mio parere, la parola corretta) quando sono tornata a casa. Era freddo e pioveva, non avevo nulla di urgente da fare, così ho pensato di guardare un film. Tempo di fare una cioccolata e scegliere il dvd ed ero già sul divano, sotto una copertina, con il telecomando in una mano e una tazza nell'altra. Avevo voglia di tornare un po' una bambina piccola: capita a tutti, no? Si ha voglia di coccole, di abbracci, attenzioni, regali, dolci e anche di fare i capricci. Non so esattamente cosa avessi in quel momento, forse nostalgia o solo bisogno di affetto. In ogni caso, quando ho dovuto (ops, forse è più giusto dire, voluto) scegliere qualcosa da guardare la mia scelta (non molto tormentata, a dire la verità) è caduta su Ratatouille. Il motivo per cui l'ho scelto non può essere certamente l'infanzia. E' uscito nel 2007 e mi ricordo benissimo i miei amici che mi prendevano in giro per questo. Ci ero andata da sola ma me la ero goduta tantissimo. Talmente tanto che poi, una volta uscito ho comprato il dvd. Avevo voluto vederlo perchè mi affascinava la storia di questo topolino, Remy, che voleva a tutti i costi fare ciò che più amava nella vita: cucinare. Inoltre Parigi e la cucina sono anche due mie passioni e il trailere, seppure un po' oscuro (l'avevo visto di corsa), mi aveva intrigato a tal punto che ho dovuto vederlo. E non mi sono ancora pentita.

Etichetta dello Chardonnay nel 2007 (USA)
La storia di questo piccolo animaletto comincia nella banlieu parigina, in quello che sembra essere un cottage di una vecchia signora nella campagna dell'Île-de-France. Essendo un roditore, come molti della sua specie, è costretto a rubare immondizia per sopravvivere, anche se questo non gli piace affatto. Ha infatti un dono molto speciale, che lo rende diverso da tutti i suoi simili: tramite il suo olfatto sviluppatissimo riesce a distinguere perfettamente ogni odore, ogni ingrediente, ogni cibo. Sfuggito alla morte insieme alla sua colonia, si ritrova nel sottosuolo di Parigi, solo e senza famiglia. Con l'aiuto del fantasma di Gusteau, il suo idolo, un paffuto (ma è dir poco) chef ormai defunto, Remy riuscirà a farsi conoscere, anche se non esattamente con il suo volto, fino a far capitolare, con la sua cucina da autodidatta, anche il più severo critico parigino: l'austero Anton Ego.

Cos'è che ha reso così speciale questo film? Credo sia stata l'accuratezza. Non solo a livello grafico. So che gli autori hanno passato giorni girando per Parigi, annotando e facendo schizzi della vita quotidiana parigina, raccogliendo qualsiasi particolare, prima di dare inizio al film. Qualsiasi ingrediente è fatto magistralmente, i profumi sembrano quasi uscire dallo schermo e le immagini sembrano così vere. Osservando bene, quasi tutti i paesaggi di Parigi nel film sembrano vere fotografie della città. Ma non solo. Anche la scena che si svolge di notte, sulla Senna, è molto realistica. Le campane di Notre Dame, l'arietta nebbiosa, i cumuli di foglie spinti sotto i ponti dal vento... Ma la mia parte preferita, anche a costo di essere banale, è quella della preparazione della ratatouille, del momento dell'assaggio e del discorso di Ego. 

La preparazione della ratatouille mi ha ricordato qualcosa fin dall'inizio ma solo di recente ho capito cosa. Si tratta del discorso della madeleine di Proust. Quest'ultimo, mangiando in casa sua una madeleine con una tazze di tè, in un momento si ricorda (ma qui sarebbe più corretto usare, per me, "si sovviene", anche se è arcaico) di un momento di cinquant'anni prima, mentre beveva il tè a casa di una sua zia. Quell'unico attimo, il ricordo, la rimembranza di esso e di tutti i dettagli (il gusto della madeleine, il sapore polveroso del tè, la durezza della tazza di porcellana) lo riportano indietro nel tempo, fino a quel dato episodio. Nulla di importante, ma qualcosa di unico rimasto nella sua mente. Certo, non è esattamente la stessa cosa per Ego. Le verdure della ratatouille gli riportano alla mente qualcosa, un ricordo a lui molto caro e molto intenso, che lui aveva quasi dimenticato. Era un ricordo talmente grande e importante che l'ha cambiato profondamente dentro. E' veramente questo il potere che hanno per noi i ricordi? Sono così immensamente indispensabili?

PS: qui di seguito posto due video, uno con la preparazione del piatto e l'assaggio e uno con la recensione di Ego (ogni volta che la sento piango come una fontana...)

PPS: piccola curiosità! Mentre nel ricordo di infanzia Anton Ego mangia quella che sembra essere veramente una ratatouille originale, quello che prepara Remy è in realtà un confit byaldi, un piatto creato dallo chef francese Michel Guérard nel 1976. E' comunque considerato come una variante della ratatouille classica.

Confit byaldi (screenshot del film)

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