mercoledì 4 maggio 2016

Kung Fury

Trovato su Netflix per caso. Ammetto che, da snob quale sono (o meglio, da snob quale mi dipingono), non gli avrei dato un soldo bucato e probabilmente non la'vrei mai guardato se il mio ragazzo non mi avesse quasi obbligato. Però ne è valsa la pena.

Kung Fury di David Sandberg


Kung Fury, scritto, diretto e interpretato da David Sandberg, è un mediometraggio del 2015 ma, prima di tutto, è un inno agli anni 80 e ai film di quegli anni. Cita spudoratamente e con ingegno simboli e icone di quel decennio (primo su tutti, David Hasselhoff). L'ho trovato divertente ma non una trashata sullo stile di Sharknado. Certo, gli effetti non sono hollywoodiani ma danno un ulteriore tocco "Eighties". Le trovate tecniche utilizzate da Sandberg sono semplici ma di effetto e mostrano una certa competenza e conoscenza della cinematografia classica degli anni Ottanta. Il film fa veramente morire dal ridere ma senza ricorrere alla comicità stile American Pie che ha ormai sfruttato allo sfinimento doppi sensi e scherzi idioti. Kung Fury stupisce per l'accostamento degli elementi (al limite del ridicolo) ma lo fa con maestria. Ci sono battute piuttosto sciocche a tratti e giochi di parole che meriterebbero un premio ("Kung Führer" mi fa sbellicare, scusate se vi spoilero qualcosa). Consiglio caldamente di dedicarci una mezz'ora. A mio parere ne vale la pena. Se proprio non dovesse piacervi sappiate, signorine, che Sandberg è un bel ragazzo, e sappiate signori, che ci sono anche un paio di gnocche a compensare il tempo che potreste ritenere di aver perso. 

Nel caso non abbiate l'abbonamento a Netflix, il film è disponibile su Youtube qui. Ci tengo a specificare che essendo un mediometraggio di un regista emergente Kung Fury è disponibile su entrambe le piattaforme in lingua originale con sottotitoli in italiano. Non lagnatevi che un po' di ascolto di inglese fa bene a tutti. Buona serata.

martedì 3 maggio 2016

Ancora qui?!

Ebbene sì, in un impeto di follia sono tornata. Non so bene perché, se sarò all'altezza della me stessa di qualche anno fa o se sarò migliorata, se ci sarà qualcuno a leggermi o se il mio ragazzo sgamerà di nuovo questo blog (batti un colpo se ci sei). Tuttavia, nonostante dubbi e paure, impegni in abbondanza e attacchi di pigrizia ad ogni angolo, sono qui. E spero di resistere un po' più a lungo stavolta. Riuscirò nel mio intento? O cadrò subito dopo questo post? Ai posteri l'ardua sentenza. No, scherzo. Domani arriva il nuovo post. Sul serio. Annuncio fin da subito ai miei lettori, se ce ne sono, che probabilmente mi concentrerò più sul cinema. Spero a nessuno si irriti per questa mia scelta. Buon serata e a domani.

martedì 27 dicembre 2011

Back to the first one, from the fourth book - parte 1

La mia incontrollabile passione per Agatha Christie continua ad avere effetti collaterali, nel senso che continuo a spendere un sacco di soldi per lei. Al momento ho la fissa del teatro, un ambito che in lei non avevo mai preso in considerazione. Per un motivo che ancora mi sfugge ho comprato per primo il volume quarto di Tutto il teatro di Agatha Christie e solo il 24 ho pensato di comprare il terzo. Il secondo e il primo sono in lista d'attesa. Ho sempre amato il teatro e un giorno mi sono chiesta: ma come accidenti è possibile che tu non abbia mai pensato di leggere una sola delle pièces della Regina del Giallo? Così, ho colto la palla al balzo e ho deciso che avrei acquistato il prima possibile una delle sue opere teatrali. Ma ho trovato solo il volume quarto e di conseguenza vado a ritroso negli acquisti.

La mia copia Oscar Mondadori
Il volume quarto ha in sé ben 5 delle sue meravigliose pièces. Le ultime tre sono in atto unico, mentre le prime due si compongono di più atti e più scene, oltre che a cambiamenti, seppur leggeri, di scenografia.
  • Verdetto ha per protagonista l'amore tra due russi, il professor Karl Hendryk e Lisa Koletzky, che viene sacrificato per l'affetto che i due provano nei confronti della cugina di lei/ moglie di lui, Anya. Una terza donna si insinua nel quadro già complesso: una ricca e viziata fanciulla, innamorata del suo insegnante. Decisa ad averlo e credendo che lui la amasse allo stesso modo e che non la volesse unicamente perchè era sposato, la giovane Helen Rollander decide di "rimuovere" l'unico ostacolo. Confessa l'omicidio a Karl ma poi muore in un incidente d'auto e non testimonia a favore dell'innocenza di Lisa, unica sospettata.
  • In Caffè nero è un uomo la vittima scelta. Sir Claud Amory sembra essere stato ucciso perchè sapeva chi gli aveva rubato una formula segreta. Chi è il suo carnefice? Tutti i parenti sono sospettati: la sorella zitella Caroline, la nipote Barbara, il figlio Richard, anche se due sembrano essere il perfetto capro espiatorio: il misterioso e losco dottor Carelli e la moglie di Richard, Lucia, entrambi italiani. Solo uno in realtà, è il vero assassino e Poirot riuscirà a scoprire le sue carte.
  • I topi sono un opera piuttosto complessa. Nonostante i presonaggi siano cinque, sulla scena ne appaiono solo quattro. La trama è un po' complessa: tre persone si ritrovano in un appartamento di alcuni loro amici, invitati lì dai padroni che però, al momento, si trovano all'estero. Uno di loro è un omicida e vuole incolpare gli altri due (l'uno amante dell'altra) dell'assassinio del marito di lei. Tutto dimostra che gli ingranaggi nella mente di uno squilibrato non sono mai facilmente comprensibili.
  • La Paziente è un unico atto, durante il quale una donna, presunta dai familiari paralizzata, deve cercare, tramite un marchingegno, di comunicare chi ha cercato di assassinarla spingendola giù per un balcone. Tutti, ovviamente, ne avrebbero tratto un beneficio e sappiamo che il nome dell'assassino comincia per "B"...
  • Un pomeriggio al mare è l'unico a non trattare di omicidio. Esso, infatti, ruota attorno al furto di una collana di smeraldi. Tutta l'azione si svolge su una spiaggia, in un unico atto. Il ladro si nasconde tra gli insospettabili bagnanti. Ma sono veramente coloro che dicono di essere?

Nein nein nein nein nein... oh si si si si (non è un porno)

Bastardi senza gloria è il più recente "lavoretto" di Quentin Tarantino. 

Il cast con, al centro, il regista, Quentin Tarantino.


Si fa per dire "lavoretto", ovviamente. Non è un film così leggero e di violenza gratuita come qualcuno potrebbe pensare (nessun film di Tarantino è solo violenza gratuita), ma è una storia verosimile dai contorni vividi. Ora, il film è un esempio del suo cinema e delsuo genio. Scritto e diretto da lui stesso, Inglorous Basterds racconta la Francia degli anni '30 e '40 quando i nezisti la invasero e arrivarono fino a Parigi. Mentre il colonnello nazista Hans Landa gira per le campagne e le città a svolgere il suo ruolo di cacciatore d'orsi, il tenente americano Aldo Raine mette su una squadra (i Bastardi, appunto) con il compito di ammazzare più nazisti possibili e di tagliare loro lo scalpo come facevano i pellerossa con i nemici. Parallelamente, a Parigi, una ragazza sfuggita a Landa, è costretta ad ospitare un film di Goebbels nel suo cinema. A questa première saranno presenti tutti i pezzi grossi del governo nazista e in ultimo, anche Hitler. La ragazza (Shosanna ma si nasconde sotto l'identità di una certa Emmanuelle Minnieux) escogita quindi un piano insieme al suo compagno: durante la proiezione chiuderanno tutti nella sala del cinema e gli daranno fuoco, utilizzando come esplosivo le bobine dei film, che all'epoca erano altamente infiammabili. Alla première i Bastardi decidono a loro volta di far saltare tutti in aria, sacrificandosi e facendosi esplodere. Ma Landa ha scoperto il loro piano e porta via due di loro, cercando patteggiare una sua futura vita come cittadino statunitense quando gli americani vinceranno la guerra. Gli USA accetteranno le condizioni di Landa? Si, ma c'è un però. Landa infatti crede che Aldo seguirà alla lettera gli ordini della sua nazione. Sarà veramente così?

PS: Segnalo come assolutamente da avere la colonna sonora, in buona parte firmata Ennio Morricone, e con una delle mie canzoni preferite di David Bowie, Cat People.

lunedì 12 dicembre 2011

Chiunque può cucinare, ma solo gli intrepidi possono diventare dei grandi (Auguste Gusteau)

Oggi facciamo una cosina un po' diversa. Di solito parlo di film che ho visto di recente o che, comunque, siano principalmente dedicati ad un pubblico adulto. Invece adesso vorrei fare una cosa un po' diversa. Questo pomeriggio avevo un attacco di "infantitudine" ("infantilismo" non sarebbe, a mio parere, la parola corretta) quando sono tornata a casa. Era freddo e pioveva, non avevo nulla di urgente da fare, così ho pensato di guardare un film. Tempo di fare una cioccolata e scegliere il dvd ed ero già sul divano, sotto una copertina, con il telecomando in una mano e una tazza nell'altra. Avevo voglia di tornare un po' una bambina piccola: capita a tutti, no? Si ha voglia di coccole, di abbracci, attenzioni, regali, dolci e anche di fare i capricci. Non so esattamente cosa avessi in quel momento, forse nostalgia o solo bisogno di affetto. In ogni caso, quando ho dovuto (ops, forse è più giusto dire, voluto) scegliere qualcosa da guardare la mia scelta (non molto tormentata, a dire la verità) è caduta su Ratatouille. Il motivo per cui l'ho scelto non può essere certamente l'infanzia. E' uscito nel 2007 e mi ricordo benissimo i miei amici che mi prendevano in giro per questo. Ci ero andata da sola ma me la ero goduta tantissimo. Talmente tanto che poi, una volta uscito ho comprato il dvd. Avevo voluto vederlo perchè mi affascinava la storia di questo topolino, Remy, che voleva a tutti i costi fare ciò che più amava nella vita: cucinare. Inoltre Parigi e la cucina sono anche due mie passioni e il trailere, seppure un po' oscuro (l'avevo visto di corsa), mi aveva intrigato a tal punto che ho dovuto vederlo. E non mi sono ancora pentita.

Etichetta dello Chardonnay nel 2007 (USA)
La storia di questo piccolo animaletto comincia nella banlieu parigina, in quello che sembra essere un cottage di una vecchia signora nella campagna dell'Île-de-France. Essendo un roditore, come molti della sua specie, è costretto a rubare immondizia per sopravvivere, anche se questo non gli piace affatto. Ha infatti un dono molto speciale, che lo rende diverso da tutti i suoi simili: tramite il suo olfatto sviluppatissimo riesce a distinguere perfettamente ogni odore, ogni ingrediente, ogni cibo. Sfuggito alla morte insieme alla sua colonia, si ritrova nel sottosuolo di Parigi, solo e senza famiglia. Con l'aiuto del fantasma di Gusteau, il suo idolo, un paffuto (ma è dir poco) chef ormai defunto, Remy riuscirà a farsi conoscere, anche se non esattamente con il suo volto, fino a far capitolare, con la sua cucina da autodidatta, anche il più severo critico parigino: l'austero Anton Ego.

Cos'è che ha reso così speciale questo film? Credo sia stata l'accuratezza. Non solo a livello grafico. So che gli autori hanno passato giorni girando per Parigi, annotando e facendo schizzi della vita quotidiana parigina, raccogliendo qualsiasi particolare, prima di dare inizio al film. Qualsiasi ingrediente è fatto magistralmente, i profumi sembrano quasi uscire dallo schermo e le immagini sembrano così vere. Osservando bene, quasi tutti i paesaggi di Parigi nel film sembrano vere fotografie della città. Ma non solo. Anche la scena che si svolge di notte, sulla Senna, è molto realistica. Le campane di Notre Dame, l'arietta nebbiosa, i cumuli di foglie spinti sotto i ponti dal vento... Ma la mia parte preferita, anche a costo di essere banale, è quella della preparazione della ratatouille, del momento dell'assaggio e del discorso di Ego. 

La preparazione della ratatouille mi ha ricordato qualcosa fin dall'inizio ma solo di recente ho capito cosa. Si tratta del discorso della madeleine di Proust. Quest'ultimo, mangiando in casa sua una madeleine con una tazze di tè, in un momento si ricorda (ma qui sarebbe più corretto usare, per me, "si sovviene", anche se è arcaico) di un momento di cinquant'anni prima, mentre beveva il tè a casa di una sua zia. Quell'unico attimo, il ricordo, la rimembranza di esso e di tutti i dettagli (il gusto della madeleine, il sapore polveroso del tè, la durezza della tazza di porcellana) lo riportano indietro nel tempo, fino a quel dato episodio. Nulla di importante, ma qualcosa di unico rimasto nella sua mente. Certo, non è esattamente la stessa cosa per Ego. Le verdure della ratatouille gli riportano alla mente qualcosa, un ricordo a lui molto caro e molto intenso, che lui aveva quasi dimenticato. Era un ricordo talmente grande e importante che l'ha cambiato profondamente dentro. E' veramente questo il potere che hanno per noi i ricordi? Sono così immensamente indispensabili?

PS: qui di seguito posto due video, uno con la preparazione del piatto e l'assaggio e uno con la recensione di Ego (ogni volta che la sento piango come una fontana...)

PPS: piccola curiosità! Mentre nel ricordo di infanzia Anton Ego mangia quella che sembra essere veramente una ratatouille originale, quello che prepara Remy è in realtà un confit byaldi, un piatto creato dallo chef francese Michel Guérard nel 1976. E' comunque considerato come una variante della ratatouille classica.

Confit byaldi (screenshot del film)

lunedì 21 novembre 2011

Instruction - Open the book and...

Ho scoperto nel corso della mia esistenza che i pochi che conoscono Jonathan Swift (si, sono pochi) se lo ricordano solo per I viaggi di Gulliver, cosa che non riesco a spiegarmi. Swift in realtà ha scritto una marea di cose: poemi, scritti satirici, lettere ironiche, saggi e libretti, di facile lettura e molto divertenti, anche se alcuni un po' crudi. Ad esempio, L'Umile proposta (per impedire che i bambini della povera gente siano di peso ai genitori o alla nazione, e per renderli utili alla comunità) è un  tipo di trattazione particolarissima: nel breve scritto illustra come, per ridurre i costi, sia possibile "sfruttare", o meglio, "utilizzare" i bambini dei più poveri. La soluzione più ovvia è, a suo parere, vendere i bambini come carne pregiata che i ricchi possono acquistare per arricchire le loro tavole; le pelli invece sarebbero state adatte per confezionare guanti da signora e stivaletti per uomo. Non sto scherzando. Ovviamente lui ironizzava su questo, non lo dava come consiglio serio. Era un modo un po' crudele ma efficace per evidenziare la situazione che attanagliava Dublino (e tutta l'Irlanda) all'epoca. L'opera di cui vi volevo parlare è un'altra: le Istruzioni alla servitù. Si tratta di un libretto in cui si finge un lavorante presso la dogana che ha fatto 7 anni di servizio presso una casa come lacchè. Qui dispensa ironici consigli a tutti i servitori che una casa di buona famiglia dovrebbe avere, a partire da quelli generali e comuni a tutti i domestici, fino ad arrivare a parlare più nello specifico e cioè:
  • al maggiordomo
  • alla cuoca
  • al lacchè
  • al cocchiere
  • allo staffiere
  • all'amministratore della casa e di campagna
  • al portiere
  • alla lattaia
  • alla domestica
  • alla lavandaia
  • alla governante
  • all'aia o istitutrice
Questo libretto è in verità una denuncia dei vizi delle famiglie ricche e potenti dell'epoca, oltre che a mostrare tutti i "crimini"  le "alleanze" dei domestici all'interno delle case. Ad alcuni fa un lungo elenco di consigli, mentre ad altri fa solo degli accenni a grandi righe; questo perchè non riuscì a terminare l'opera. A tutti gli altri però le idee che dà sono tutte esilaranti e fuori dal comune e tutte atte a ricavarci un fantomatico profitto per chi le dovesse mettere in pratica.

domenica 20 novembre 2011

Ho un segreto

Chi tra noi non ha almeno un segreto incofessabile, da nascondere perfino all'amante perfetto o alla migliore amica? Uno dei miei, uno dei peggiori a mio parere, è questo. Una volta reputavo Sophie Kinsella una scrittrice da quattro soldi, una di quelle che scrivono falsità e illusioni a buon mercato tipo certi romanzetti che vendono in edicola. Ora, io non so cosa potrei mai aver avuto contro di lei ma di sicuro non volevo leggerla. Non so perchè, non so cosa mi avesse fatto. Forse in un'altra vita la conoscevo e, chissà, magari mi stava antipatica. Fatto sta che, quando è uscito il film di I love Shopping (che io volevo vedere per non so quale assurda ragione) ho deciso che prima avrei fatto bene a leggere il libro, anche perchè sennò mi sarei sentita un'ipocrita. Dopo la lettura e la visione la mia opinione sulla scrittrice non è cambiata poi molto, anche se mi sentivo un po' più "comprensiva" nei suoi confronti: insomma, non mi aveva fatto nulla. Continuavo però ad odiare un po' i suoi personaggi. Rebecca Bloomwood talvolta non sembra avere esattamente un QI di 150 punti. Magari è solo una mia impressione... Finchè un'amica non mi ha prestato un altro volume della Kinsella (che tra l'altro avevo già incrociato in libreria e avevo evitato come la peste) e, dopo averci girato attorno guardandolo dall'alto in basso per una settimana, ho deciso che poi tanto male non poteva farmi e ci ho dato un'occhiata, pensando che lo avrei rimesso giù dopo 3 minuti. E invece... Ho preso Sai tenere un segreto? e ho cominciato a leggere: dalle 8 di sera fino all'una di notte non mi sono più fermata. Mi ha entusiasmato, divertito e mi ha anche fatto piangere (anche se non ce n'era bisogno, grazie tante) ma senza lasciarmi un senso di angoscia come altri romanzi più "impegnati". E' stato piacevole, una serata a leggere come non ne passavo da un pezzo. Ho amato ogni singola parola scritta (vabbè, la mia era in italiano, non erano esattamente le sue parole ma ci si adatta) e ho desiderato possedere una copia tutta mia, magari autografata. Che fare? Ho dovuto rivedere la mia posizione, anche a seguito di un'intervista in cui sembrava molto simpatica, e ora, beh, anche se non è una delle mie scrittrici preferite in assoluto, non mi comporterò più  in maniera così altezzosa di fronte ad un suo libro...