martedì 27 dicembre 2011

Back to the first one, from the fourth book - parte 1

La mia incontrollabile passione per Agatha Christie continua ad avere effetti collaterali, nel senso che continuo a spendere un sacco di soldi per lei. Al momento ho la fissa del teatro, un ambito che in lei non avevo mai preso in considerazione. Per un motivo che ancora mi sfugge ho comprato per primo il volume quarto di Tutto il teatro di Agatha Christie e solo il 24 ho pensato di comprare il terzo. Il secondo e il primo sono in lista d'attesa. Ho sempre amato il teatro e un giorno mi sono chiesta: ma come accidenti è possibile che tu non abbia mai pensato di leggere una sola delle pièces della Regina del Giallo? Così, ho colto la palla al balzo e ho deciso che avrei acquistato il prima possibile una delle sue opere teatrali. Ma ho trovato solo il volume quarto e di conseguenza vado a ritroso negli acquisti.

La mia copia Oscar Mondadori
Il volume quarto ha in sé ben 5 delle sue meravigliose pièces. Le ultime tre sono in atto unico, mentre le prime due si compongono di più atti e più scene, oltre che a cambiamenti, seppur leggeri, di scenografia.
  • Verdetto ha per protagonista l'amore tra due russi, il professor Karl Hendryk e Lisa Koletzky, che viene sacrificato per l'affetto che i due provano nei confronti della cugina di lei/ moglie di lui, Anya. Una terza donna si insinua nel quadro già complesso: una ricca e viziata fanciulla, innamorata del suo insegnante. Decisa ad averlo e credendo che lui la amasse allo stesso modo e che non la volesse unicamente perchè era sposato, la giovane Helen Rollander decide di "rimuovere" l'unico ostacolo. Confessa l'omicidio a Karl ma poi muore in un incidente d'auto e non testimonia a favore dell'innocenza di Lisa, unica sospettata.
  • In Caffè nero è un uomo la vittima scelta. Sir Claud Amory sembra essere stato ucciso perchè sapeva chi gli aveva rubato una formula segreta. Chi è il suo carnefice? Tutti i parenti sono sospettati: la sorella zitella Caroline, la nipote Barbara, il figlio Richard, anche se due sembrano essere il perfetto capro espiatorio: il misterioso e losco dottor Carelli e la moglie di Richard, Lucia, entrambi italiani. Solo uno in realtà, è il vero assassino e Poirot riuscirà a scoprire le sue carte.
  • I topi sono un opera piuttosto complessa. Nonostante i presonaggi siano cinque, sulla scena ne appaiono solo quattro. La trama è un po' complessa: tre persone si ritrovano in un appartamento di alcuni loro amici, invitati lì dai padroni che però, al momento, si trovano all'estero. Uno di loro è un omicida e vuole incolpare gli altri due (l'uno amante dell'altra) dell'assassinio del marito di lei. Tutto dimostra che gli ingranaggi nella mente di uno squilibrato non sono mai facilmente comprensibili.
  • La Paziente è un unico atto, durante il quale una donna, presunta dai familiari paralizzata, deve cercare, tramite un marchingegno, di comunicare chi ha cercato di assassinarla spingendola giù per un balcone. Tutti, ovviamente, ne avrebbero tratto un beneficio e sappiamo che il nome dell'assassino comincia per "B"...
  • Un pomeriggio al mare è l'unico a non trattare di omicidio. Esso, infatti, ruota attorno al furto di una collana di smeraldi. Tutta l'azione si svolge su una spiaggia, in un unico atto. Il ladro si nasconde tra gli insospettabili bagnanti. Ma sono veramente coloro che dicono di essere?

Nein nein nein nein nein... oh si si si si (non è un porno)

Bastardi senza gloria è il più recente "lavoretto" di Quentin Tarantino. 

Il cast con, al centro, il regista, Quentin Tarantino.


Si fa per dire "lavoretto", ovviamente. Non è un film così leggero e di violenza gratuita come qualcuno potrebbe pensare (nessun film di Tarantino è solo violenza gratuita), ma è una storia verosimile dai contorni vividi. Ora, il film è un esempio del suo cinema e delsuo genio. Scritto e diretto da lui stesso, Inglorous Basterds racconta la Francia degli anni '30 e '40 quando i nezisti la invasero e arrivarono fino a Parigi. Mentre il colonnello nazista Hans Landa gira per le campagne e le città a svolgere il suo ruolo di cacciatore d'orsi, il tenente americano Aldo Raine mette su una squadra (i Bastardi, appunto) con il compito di ammazzare più nazisti possibili e di tagliare loro lo scalpo come facevano i pellerossa con i nemici. Parallelamente, a Parigi, una ragazza sfuggita a Landa, è costretta ad ospitare un film di Goebbels nel suo cinema. A questa première saranno presenti tutti i pezzi grossi del governo nazista e in ultimo, anche Hitler. La ragazza (Shosanna ma si nasconde sotto l'identità di una certa Emmanuelle Minnieux) escogita quindi un piano insieme al suo compagno: durante la proiezione chiuderanno tutti nella sala del cinema e gli daranno fuoco, utilizzando come esplosivo le bobine dei film, che all'epoca erano altamente infiammabili. Alla première i Bastardi decidono a loro volta di far saltare tutti in aria, sacrificandosi e facendosi esplodere. Ma Landa ha scoperto il loro piano e porta via due di loro, cercando patteggiare una sua futura vita come cittadino statunitense quando gli americani vinceranno la guerra. Gli USA accetteranno le condizioni di Landa? Si, ma c'è un però. Landa infatti crede che Aldo seguirà alla lettera gli ordini della sua nazione. Sarà veramente così?

PS: Segnalo come assolutamente da avere la colonna sonora, in buona parte firmata Ennio Morricone, e con una delle mie canzoni preferite di David Bowie, Cat People.

lunedì 12 dicembre 2011

Chiunque può cucinare, ma solo gli intrepidi possono diventare dei grandi (Auguste Gusteau)

Oggi facciamo una cosina un po' diversa. Di solito parlo di film che ho visto di recente o che, comunque, siano principalmente dedicati ad un pubblico adulto. Invece adesso vorrei fare una cosa un po' diversa. Questo pomeriggio avevo un attacco di "infantitudine" ("infantilismo" non sarebbe, a mio parere, la parola corretta) quando sono tornata a casa. Era freddo e pioveva, non avevo nulla di urgente da fare, così ho pensato di guardare un film. Tempo di fare una cioccolata e scegliere il dvd ed ero già sul divano, sotto una copertina, con il telecomando in una mano e una tazza nell'altra. Avevo voglia di tornare un po' una bambina piccola: capita a tutti, no? Si ha voglia di coccole, di abbracci, attenzioni, regali, dolci e anche di fare i capricci. Non so esattamente cosa avessi in quel momento, forse nostalgia o solo bisogno di affetto. In ogni caso, quando ho dovuto (ops, forse è più giusto dire, voluto) scegliere qualcosa da guardare la mia scelta (non molto tormentata, a dire la verità) è caduta su Ratatouille. Il motivo per cui l'ho scelto non può essere certamente l'infanzia. E' uscito nel 2007 e mi ricordo benissimo i miei amici che mi prendevano in giro per questo. Ci ero andata da sola ma me la ero goduta tantissimo. Talmente tanto che poi, una volta uscito ho comprato il dvd. Avevo voluto vederlo perchè mi affascinava la storia di questo topolino, Remy, che voleva a tutti i costi fare ciò che più amava nella vita: cucinare. Inoltre Parigi e la cucina sono anche due mie passioni e il trailere, seppure un po' oscuro (l'avevo visto di corsa), mi aveva intrigato a tal punto che ho dovuto vederlo. E non mi sono ancora pentita.

Etichetta dello Chardonnay nel 2007 (USA)
La storia di questo piccolo animaletto comincia nella banlieu parigina, in quello che sembra essere un cottage di una vecchia signora nella campagna dell'Île-de-France. Essendo un roditore, come molti della sua specie, è costretto a rubare immondizia per sopravvivere, anche se questo non gli piace affatto. Ha infatti un dono molto speciale, che lo rende diverso da tutti i suoi simili: tramite il suo olfatto sviluppatissimo riesce a distinguere perfettamente ogni odore, ogni ingrediente, ogni cibo. Sfuggito alla morte insieme alla sua colonia, si ritrova nel sottosuolo di Parigi, solo e senza famiglia. Con l'aiuto del fantasma di Gusteau, il suo idolo, un paffuto (ma è dir poco) chef ormai defunto, Remy riuscirà a farsi conoscere, anche se non esattamente con il suo volto, fino a far capitolare, con la sua cucina da autodidatta, anche il più severo critico parigino: l'austero Anton Ego.

Cos'è che ha reso così speciale questo film? Credo sia stata l'accuratezza. Non solo a livello grafico. So che gli autori hanno passato giorni girando per Parigi, annotando e facendo schizzi della vita quotidiana parigina, raccogliendo qualsiasi particolare, prima di dare inizio al film. Qualsiasi ingrediente è fatto magistralmente, i profumi sembrano quasi uscire dallo schermo e le immagini sembrano così vere. Osservando bene, quasi tutti i paesaggi di Parigi nel film sembrano vere fotografie della città. Ma non solo. Anche la scena che si svolge di notte, sulla Senna, è molto realistica. Le campane di Notre Dame, l'arietta nebbiosa, i cumuli di foglie spinti sotto i ponti dal vento... Ma la mia parte preferita, anche a costo di essere banale, è quella della preparazione della ratatouille, del momento dell'assaggio e del discorso di Ego. 

La preparazione della ratatouille mi ha ricordato qualcosa fin dall'inizio ma solo di recente ho capito cosa. Si tratta del discorso della madeleine di Proust. Quest'ultimo, mangiando in casa sua una madeleine con una tazze di tè, in un momento si ricorda (ma qui sarebbe più corretto usare, per me, "si sovviene", anche se è arcaico) di un momento di cinquant'anni prima, mentre beveva il tè a casa di una sua zia. Quell'unico attimo, il ricordo, la rimembranza di esso e di tutti i dettagli (il gusto della madeleine, il sapore polveroso del tè, la durezza della tazza di porcellana) lo riportano indietro nel tempo, fino a quel dato episodio. Nulla di importante, ma qualcosa di unico rimasto nella sua mente. Certo, non è esattamente la stessa cosa per Ego. Le verdure della ratatouille gli riportano alla mente qualcosa, un ricordo a lui molto caro e molto intenso, che lui aveva quasi dimenticato. Era un ricordo talmente grande e importante che l'ha cambiato profondamente dentro. E' veramente questo il potere che hanno per noi i ricordi? Sono così immensamente indispensabili?

PS: qui di seguito posto due video, uno con la preparazione del piatto e l'assaggio e uno con la recensione di Ego (ogni volta che la sento piango come una fontana...)

PPS: piccola curiosità! Mentre nel ricordo di infanzia Anton Ego mangia quella che sembra essere veramente una ratatouille originale, quello che prepara Remy è in realtà un confit byaldi, un piatto creato dallo chef francese Michel Guérard nel 1976. E' comunque considerato come una variante della ratatouille classica.

Confit byaldi (screenshot del film)

lunedì 21 novembre 2011

Instruction - Open the book and...

Ho scoperto nel corso della mia esistenza che i pochi che conoscono Jonathan Swift (si, sono pochi) se lo ricordano solo per I viaggi di Gulliver, cosa che non riesco a spiegarmi. Swift in realtà ha scritto una marea di cose: poemi, scritti satirici, lettere ironiche, saggi e libretti, di facile lettura e molto divertenti, anche se alcuni un po' crudi. Ad esempio, L'Umile proposta (per impedire che i bambini della povera gente siano di peso ai genitori o alla nazione, e per renderli utili alla comunità) è un  tipo di trattazione particolarissima: nel breve scritto illustra come, per ridurre i costi, sia possibile "sfruttare", o meglio, "utilizzare" i bambini dei più poveri. La soluzione più ovvia è, a suo parere, vendere i bambini come carne pregiata che i ricchi possono acquistare per arricchire le loro tavole; le pelli invece sarebbero state adatte per confezionare guanti da signora e stivaletti per uomo. Non sto scherzando. Ovviamente lui ironizzava su questo, non lo dava come consiglio serio. Era un modo un po' crudele ma efficace per evidenziare la situazione che attanagliava Dublino (e tutta l'Irlanda) all'epoca. L'opera di cui vi volevo parlare è un'altra: le Istruzioni alla servitù. Si tratta di un libretto in cui si finge un lavorante presso la dogana che ha fatto 7 anni di servizio presso una casa come lacchè. Qui dispensa ironici consigli a tutti i servitori che una casa di buona famiglia dovrebbe avere, a partire da quelli generali e comuni a tutti i domestici, fino ad arrivare a parlare più nello specifico e cioè:
  • al maggiordomo
  • alla cuoca
  • al lacchè
  • al cocchiere
  • allo staffiere
  • all'amministratore della casa e di campagna
  • al portiere
  • alla lattaia
  • alla domestica
  • alla lavandaia
  • alla governante
  • all'aia o istitutrice
Questo libretto è in verità una denuncia dei vizi delle famiglie ricche e potenti dell'epoca, oltre che a mostrare tutti i "crimini"  le "alleanze" dei domestici all'interno delle case. Ad alcuni fa un lungo elenco di consigli, mentre ad altri fa solo degli accenni a grandi righe; questo perchè non riuscì a terminare l'opera. A tutti gli altri però le idee che dà sono tutte esilaranti e fuori dal comune e tutte atte a ricavarci un fantomatico profitto per chi le dovesse mettere in pratica.

domenica 20 novembre 2011

Ho un segreto

Chi tra noi non ha almeno un segreto incofessabile, da nascondere perfino all'amante perfetto o alla migliore amica? Uno dei miei, uno dei peggiori a mio parere, è questo. Una volta reputavo Sophie Kinsella una scrittrice da quattro soldi, una di quelle che scrivono falsità e illusioni a buon mercato tipo certi romanzetti che vendono in edicola. Ora, io non so cosa potrei mai aver avuto contro di lei ma di sicuro non volevo leggerla. Non so perchè, non so cosa mi avesse fatto. Forse in un'altra vita la conoscevo e, chissà, magari mi stava antipatica. Fatto sta che, quando è uscito il film di I love Shopping (che io volevo vedere per non so quale assurda ragione) ho deciso che prima avrei fatto bene a leggere il libro, anche perchè sennò mi sarei sentita un'ipocrita. Dopo la lettura e la visione la mia opinione sulla scrittrice non è cambiata poi molto, anche se mi sentivo un po' più "comprensiva" nei suoi confronti: insomma, non mi aveva fatto nulla. Continuavo però ad odiare un po' i suoi personaggi. Rebecca Bloomwood talvolta non sembra avere esattamente un QI di 150 punti. Magari è solo una mia impressione... Finchè un'amica non mi ha prestato un altro volume della Kinsella (che tra l'altro avevo già incrociato in libreria e avevo evitato come la peste) e, dopo averci girato attorno guardandolo dall'alto in basso per una settimana, ho deciso che poi tanto male non poteva farmi e ci ho dato un'occhiata, pensando che lo avrei rimesso giù dopo 3 minuti. E invece... Ho preso Sai tenere un segreto? e ho cominciato a leggere: dalle 8 di sera fino all'una di notte non mi sono più fermata. Mi ha entusiasmato, divertito e mi ha anche fatto piangere (anche se non ce n'era bisogno, grazie tante) ma senza lasciarmi un senso di angoscia come altri romanzi più "impegnati". E' stato piacevole, una serata a leggere come non ne passavo da un pezzo. Ho amato ogni singola parola scritta (vabbè, la mia era in italiano, non erano esattamente le sue parole ma ci si adatta) e ho desiderato possedere una copia tutta mia, magari autografata. Che fare? Ho dovuto rivedere la mia posizione, anche a seguito di un'intervista in cui sembrava molto simpatica, e ora, beh, anche se non è una delle mie scrittrici preferite in assoluto, non mi comporterò più  in maniera così altezzosa di fronte ad un suo libro...

lunedì 7 novembre 2011

Spostarsi dal binario! L'Orient-Express in partenza per Istambul!

Locandina pubblicitaria
Ho sempre desiderato fare un viaggio sull'Orient Express da quando avevo letto il romanzo di Agatha Christie Assassinio sull'Orient-Express. Ogni occasione era buona per rileggere quel libro o informarmi su questa "linea ferroviaria". E, a costo di sembrare un po' stupida e infantile, vi dirò una cosa: io adoro i treni. Mi piace moltissimo viaggiare sui binari. Quando ci penso mi vengono in mente gli anni d'oro delle ferrovie ma soprattutto gli anni '20, '30 e '40 in cui si sviluppa la tratta dell'Orient-Express. Infatti questo treno mooolto lussuoso eseguiva una sola tratta (che, vabbè, poi si diramava ma era principalmente una sola) che toccava tutti i luoghi più in voga all'epoca; tra le tante: Parigi, Vienna, Belgrado, Sofia, fino a Bagdad e Il Cairo. Un viaggio emozionante, durante il quale potevi trovare ogni sorta di gente, come d esempio, Hercule Poirot...

Il treno e il suo percorso erano una creazione della Compagnia Internazionale dei Vagoni Letto e permetteva, a chi poteva permetterselo, un certo lusso nel percorrere le grandi distanze attraverso l'Europa. Questo treno è rimasto un mito negli anni: se accenna in numerosi film e libri. Tra questi c'è un libro (io ce l'ho solo in francese) che ne parla: s'intitola Le Roman de l'Orient-Express di Vladimir Fédorovski. E' costruito proprio come un romanzo, c'è una trama principale ma viene affiancata alla storia del treno e della tratta, di chi ci ha viaggiato o addirittura soggiornato. E' molto interessante e, tra l'altro comprende anche una cartina con tutti i percorsi così si può seguire attentamente tutti i viaggi e può sembrare di esserne a bordo.

Tutti i percorsi e le destinazioni dell'Orient-Express
Tornando al romanzo in sè. Se c'è una cosa che adoro dei gialli è la lista dei personaggi. Io non so se la fanno in tutti i gialli o no (purtroppo per me lego quasi solo quelli di Sua Maestà Agatha Christie) ma in quelli della Regina del Giallo ci sono sempre all'inizio. Per quanto mi riguarda sono utilissimi perchè, se ci serve andare a cercare un nome sparso per il romanzo che non ci ricordiamo o di cui non ci rammentiamo il mestiere che, per qualsiasi ragione, ci serve, abbiao questa bella lista ordinata all'inizio del romanzo con il nome e il lavoro comodi e pratici all'occorrenza. E non c'è rischio di dimenticarne nessuno. Certo, non va letta prima perchè sennò si perde la sorpresa ma in seguito si può fare benissimo. 

David Suchet nei panni di Hercule Poirot
Di questo romanzo esistono anche alcune versioni cinematografiche: ad esempio, c'è un film del 1974 con Albert Finney e Ingrid Bergman (quest'ultima ha anche vinto l'Oscar per questa interpretazione); un'altra appartiene alla serie televisiva Agatha Christie's Poirot con David Suchet nel ruolo del celebre investigatore baffuto. Inoltre la trama è stata ripresa e "parodiata" in molti telefilm e cartoni animati.



La storia del romanzo è inizialmente molto semplice. Sedici persone sono a bordo dell'Orient-Express diretto verso Parigi. A bordo vi è anche Hercule Poirot, famoso investigatore belga dai baffi all'insù, e monsiur Bouc, facente parte del Consiglio d'Amministrazione della Compagnia dei Vagoni Letto. E' inverno e, a causa della neve, il viaggio si blocca in un campo bianco nel bel mezzo dei Balcani, con una tempesta che infuria all'esterno. Durante la notte un uomo viene un uomo, Samuel Edward Ratchett, viene assassinato e Poirot è incaricato da Bouc di svolgere delle indagini. Si viene così a scoprire che il morto era in realtà un famoso sequestratore e omicida, sfuggito alla giustizia grazie al suo denaro. Poirot è costretto ad interrogare tutti coloro che si trovano a bordo del treno e riesce a scoprire che tutti i passeggeri, ad eccezione di se stesso, monsiur Bouc e il dottor Costantine, avevano un movente. Chi è quindi l'assassino?

domenica 6 novembre 2011

...e non ne rimase nessuno

Forse uno dei libri più conosciuti (dopo Assassinio sull'Orient Express) della Signora del Giallo è proprio Dieci piccoli indiani. Tant'è che esiste anche un film di René Clair, uscito nel 1945. Chissà perchè i film più belli li hanno fatti in quegli anni là. Come Il terrore corre sul filo, pellicola del 1948 con Barbara Stanwyck e Burt Lancaster, tratta dalla radio play di Lucille Fletcher Sorry, Wrong Number. Ma di questa parlerò un'altra volta perchè è giusto dedicarle un post a sè.
Tornando al romanzo. Il titolo originale è Ten Little Niggers ma in America venne pubblicato con And Then There Were None in quanto nigger è un termine dispregiativo (ma credo che tutto questo ve lo possano spiegare meglio su Wikipedia) e in Italia venne pubblicato per la prima volta con il titolo ...E poi non ne rimase nessuno che è, bene o male, la traduzione dall'inglese del secondo titolo. Poi fu cambiato in quello che tutti conosciamo. 
La trama: dieci persone, ognuno sconosciuto all'altro, vengono invitati su un isola, Nigger Island. Uno alla volta gli ospiti muoiono finchè... non ne rimase nessuno.  Il ritmo dell'opera è scandito dagli omicidi degli ospiti, eseguiti seguendo le morti cantate da una (ben poco) allegra filastrocca per bambini. I dieci sono tutti invitati da un fantomatico U.N.O., all'occorenza una donna (Una Nancy Owen) o un uomo, presumibilmente suo marito (Ulick Norman Owen), che, tramite un disco fatto incidere appositamente, accusa tutti i presenti di vari delitti rimasti senza colpevoli.
 


1° omicidio: Anthony Marston
Dieci poveri negretti
Se ne andarono a mangiar:
uno fece indigestione,
solo nove ne restar.
Nella casa i padroni sono assenti. I presenti cenano tutti assieme attorno ad una tavola su cui, a mo' di centrotavola, troneggiano dieci statuine di indiani. Dopo cena, in terrazza, Anthony Marston, un giovane nullafacente,  muore avvelenato, subito dopo le accuse che il nastro registrato rivolge ai presenti. Si scopre che nel suo whiskey era stato messo del cianuro. Nel riportare all'interno il cadavere si accorgono che una delle statuine è sparita.

2° e 3° omicidio: Ethel Roger e John Gordon Macarthur
Nove poveri negretti
fino a notte alta vegliar:
uno cadde addormentato,
otto soli ne restar.
Otto poveri negretti
Se ne vanno a passeggiar:
uno, ahimè, è rimasto indietro,
solo sette ne restar.
Al risveglio degli abitanti si scopre il cadavere della cuoca, la moglie del maggiordomo. La donna sembra essere morta di cause naturali, a quanto attesta il dottor Armstrong ma nessuno sembra esserne convinto. Il mare è agitato e nessuno riesce ad andarsene dall'isola o a contattare la terra ferma. Tre degli uomini passano la giornata cercando il fantomatico Owen in giro per l'isola ma con scarsi risultati. Al ritorno viene trovato il generale Macarthur morto, colpito da un oggetto contundente. Nella notte le statuine diminuiscono nuovamente: ora ce ne sono solo sette.

4°, 5° e 6° omicidio: Thomas Rogers, Emily Brent e Lawrence John Wargrave
Sette poveri negretti
legna andarono a spaccar:
un di lor s'infranse a mezzo,
e sei soli ne restar.
I sei poveri negretti
giocan con un alvear:
da una vespa uno fu punto,
solo cinque ne restar.
Cinque poveri negretti
un giudizio han da sbrigar:
un lo ferma il tribunale
quattro soli ne restar.
Al mattino il maggiordomo, il classico assassino dei romanzi gialli, è trovato morto con un colpo d'accetta nel cranio. Dopo colazione, l'unica sospettata, la signorina Brent è trovata, avvelenata con il cianuro, grazie ad una siringa di cui si trova il segno sul collo della donna, in salotto, assieme ad una vespa che svolazza per la stanza. Alla sera, dopo che quasi tutti accorrono al grido di Vera, l'unica donna rimasta, spaventata da un alga appesa al soffitto, il giudice Wargrave viene trovato morto con la toga e la parrucca del tribunale, con un colpo di pistola in fronte. Rimangono solo quattro statuette.

7°, 8°, 9° e 10° omicidio: Edward George Armstrong, William Henry Blore, Philip Lombard e Vera Elisabeth Claythorn
Quattro poveri negretti
salpan verso l'alto mar:
uno se lo prende un granchio,
e tre soli ne restar.
I tre poveri negretti
allo zoo vollero andar:
uno l'orso ne abbrancò,
e due soli ne restar.
I due poveri negretti
stanno al sole per un po':
un si fuse come cera
e uno solo ne restò.
Solo, il povero negretto
in un bosco se ne andò:
ad un pino s'impiccò,
e nessuno ne restò.
Durante la notte, scompare il dottor Armstrong. Alla mattina i tre rimasti escono di casa, temendo di stare in casa. Rientrato in cerca di cibo Blore muore con la testa schiacciata da un masso. Vera e Lombard ritrovano il cadavere del dottore annegato in riva al mare. Ora le statuette sono solo due. Vera, ormai impazzita, con un pretesto distrae Lombard e gli spara, uccidendolo. Rientrata, rimuove la seconda delle statuette rimaste e sale in camera sua. Lì trova un cappio appeso al soffitto con sotto una sedia. Sconvolta dai delitti e fuori di sè si impicca. 

Epilogo
Il libro finisce così, o quasi. Infatti non si possono spiegare tutti gli omicidi come gli ultimi due, tant'è che, all'arrivo della polizia, la sedia usata da Vera si trova appoggiata al muro. Chi sarà stato? Una lettera, lo stesso mezzo che ha dato inizio a tutta la catena di omicidi, spiegherà ai lettori tutto quanto.

mercoledì 2 novembre 2011

Di come adoro la mia copia di Alice nel Paese delle Meraviglie

Illustrazione di John Tenniel
Illustrazione di John Tenniel
Sono fermamente convinta che tutti, almeno una volta, abbiamo desiderato essere nel Paese delle Meraviglie, al posto di Alice. Inseguire il Bianconiglio e incontrare tutti quei buffi personaggi con cui lei fa conoscenza: il Cappellaio Matto, la Lepre Marzolina, il Gatto, la Regina di Cuori e tutti gli altri. Io adoro talmente tanto questo libro che avevo deciso di leggerlo in lingua originale, bene o male, come Carroll lo aveva scritto e prima o poi inventato. Così sono andata a cercare una copia in lingua originale ma mi sono trovata un po' in difficoltà: se cerco un libro con una caratteristica particolare ho bisogno di vedere anche come è stampato e rilegato, oltre a controllare l'edizione e tante altre piccole sciocchezze. Insomma, ho bisogno di avere in mano in libro prima di decidere se lo comprerò o meno. Perciò non amo particolarmente ordinare i libri, né via Internet né in libreria. E comunque, ho brutte esperienze con gli ordini. Brrr... Comunque, un giorno, quando ormai stavo per disperare ho, per puro caso, messo gli occhi su una cosa bellissima: una versione in italiano ma con il testo originale (in inglese) a fronte! E io ho dell'adorazione per questo genere di edizioni: se fatte bene le traduzioni, uno può benissimo imparare un'altra lingua o migliorare le conoscenze che già possiede. Insomma, è stato un colpo di fortuna e un amore a prima vista. Quindi, la mia Copia (si, con la C maiuscola) è per me fatta molto bene: ha la traduzione di Aldo Busi (che non è male, anzi), non ha i disegni (sono belli ma in questo caso avrebbero distolto l'attenzione), ha tutte le trasformazioni di Alice contassegnate con pallini o stelline e, cosa più importante, mi da la possibilità di evere i nomi che erano stati dati ai personaggi in origine e tutti i giochi di parole che con una traduzione rischierebbero di andare persi. 

martedì 1 novembre 2011

Pochi se ne ricordano

E' un pezzettino tratto dalla dedica dell'autore ad un suo amico, Leone Werth. La trascrivo per intero:
A LEONE WERTH
Domando perdono ai bambini di aver dedicato questo libro ad una persona grande. Ho una scusa seria: questa persona è il miglior amico che abbia al mondo. Ho una seconda scusa: questa persona grande può capire tutto, anche i libri per bambini; e ne ho una terza: questa persona grande abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha molto bisogno di essere consolata. E se tutte queste scuse non bastano, dedicherò questo libro al bambino che questa grande persona è stato. Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi se ne ricordano). Perciò correggo la mia dedica:
A LEONE WERTH (QUANDO ERA UN BAMBINO)
Spero l'abbiate riconosciuto. Se non per le frasi, per le parole e lo stile in sè dovreste aver capito che è Antoine de Saint - Exupéry. E questa dedica è tratta da Il Piccolo Principe, uno dei miei libri preferiti e a cui sono più affezionata. E' veramente bello, elegante ma semplice e delicato al contempo. Un libro che ti coccola e che ti fa appassionare alle sue pagine. Ogni mese io mi prendo un po' di tempo, una coperta e la mia copia e mi accoccolo sul divano per rileggerlo e per riguardare tutti i disegni. Non importa quanto ci metto, talvolta mi va via un intero pomeriggio perchè rileggo i vari passaggi, osservo le illustrazioni, ci ragiono su un po', mi perdo nei miei pensieri. E non mi importa di avere in mano un libro considerato essenzialmente per bambini, anzi, io non la penso assolutamente così. Io credo che ci siano alcuni libri (e in primis questo qui) che non "possono" ma devono essere letti a tutte le età. Perché? Per un motivo molto semplice: è talmente intriso di idee (nascoste spesso) che il ragionamento e il pensiero che ci si fanno su possono cambiare in qualsiasi momento a causa della crescita, dell'età, dell'umore in cui ci si trova al momento della lettura, il luogo in cui ci si trova... Per cui, per non perdermi una sola di queste esperienze lo rileggo spesso. E ogni volta ha effettivamente qualcosa di diverso. Quasi un amore a prima vista.

domenica 30 ottobre 2011

Improving yourself 2

Sappiamo benissimo che i film non sono mai la stessa cosa del libro. Certo, questo non serve che ve lo dica io. Ma, a essere sincera, questo film mi è piaciuto altrettanto dell'opera da cui è tratto. Si, è vero, sono diversi, certe cose mancano, altre cose le trovi sono nel film ma il senso, il succo, l'idea fondamentale del volume è sempre quella. E devo dire che leggendo il libro non ero andata tanto lontano nel tradurlo in immagini rispetto alla trasposizione stessa. Cioè, quello che voglio dire è che io, al posto del regista, non posso dire che avrei fatto le stesse cose, ma probabilmente ci sarei andata molto vicina. E secondo me risulta molto più gradevole vedere un film (tratto da uno scritto) in cui il regista condivide, seppur inconsapevolmente, le tue idee, piuttosto che un qualsiasi altro.

Comunque, tornando al film in sè. E' del 2010 e la regia è di Ryan Murphy. Il cast: parliamone un attimo per favore. Niente da dire su Julia Roberts, bravissima e anche se ormai ti da sempre una vaga idea di hollywoodiano è riuscita ad apparire una persona normale, semplice, con i suoi interessi e una sua personalità per niente da diva. Oltre a lei però ci sono due attori che, beh, sono tutto dire. Uno è Javier Bardem (vi ho già detto come la penso no?) che a mio parere è veramente un figo e con l'accento portoghese è proprio al limite dell'adorazione. L'altro è l'altrettanto figo (o forse anche di più: che dipenda dalla giovane età? ;D ) James Franco. Ovvio che non ho niente da dire sul fisico. Come attore non è tra i miei preferiti, bravo per carità, ma mi da l'idea di essere come un po' ancora "acerbo" nella recitazione. Sarà una mia impressione. 

La trama è quella del libro in  pratica, anche se approfondito in maniera leggermente diversa; si torna sempre al discorso iniziale. Il trailer è molto carino, da un idea abbastanza chiara di ciò che è il film e di cosa parla. Ve lo potete guardare qui in inglese e in italiano... non, non ve lo posto perchè per le immagini è uguale e penso che vi faccia bene provare ad ascoltarlo. 

PS: Se proprio non resistete... eccolo qui, il trailer in italiano (ma non ho controllato bene l'audio perciò non posso promettere che sia quello giusto).

sabato 29 ottobre 2011

Improving yourself

Copertina originale (io ho le foto del film D: )

No, neanche questo rende in italiano. Si, sono le stesse identiche tre parole tradotte esattamente in italiano ma continuo a pensare che Eat Pray Love sia sempre più bello. Credo che tutti ne abbiate sentito parlare. Il film è uscito in primavera 2011 ma forse non tutti sanno che è perfettamente basato su un meraviglioso libro - memoir scritto sa Elizabeth Gilbert. In pratica, significa che è una specie di sua autobiografia e quasi un diario di viaggio: un viaggio non solo in senso fisico spostandosi per un anno in tre paesi diversi, ma anche spirituale. Conclusosi il suo divorzio in maniera piuttosto burrascosa l'autrice parte alla ricerca di se stessa e di ciò che le manca, guarendo la mente attraverso la cura di stomaco, spirito e, infine, cuore. 108 capitoli o, come li chiama lei, racconti, come le palline di un japa mala indiano (il "papà" del rosario cristiano), divisi nei tre grandi libri che compongono il volume. Una specie di corda che ci guida per non rischiare di smarrire la via e distogliere lo sguardo dalla meta.

Italy, stomach
36 preziosi mini - capitoli raccontano l'Italia di tutti i giorni ma anche quella dei turisti, tra Roma e dintorni fino a Napoli, Firenze e Venezia. Primo passo verso la guarigione, cominciando prima di tutto a vivere in pace con il proprio corpo e assecondando quei piccoli piaceri che il cibo può dare: una pizza, un gelato (predilezione dell'autrice), un bicchiere di vino o un espresso al volo. Oltre ad assecondare le sue inclinazioni: studia l'italiano per pura, semplice e unica gioia personale, soddisfatta del risultato e innamorandosi della lingua alla prima parola.

India, soul
Si passa all'India. 36 racconti narrati sottovoce nel silenzio di un Ashram, parlando di destino, liberazione dello spirito e della mente. Meditazione terapeutica e riflessioni di Liz a proposito di matrimoni combinati e divorzi laceranti. Un nuovo amico la aiuterà nel percorso che si è scelta: Richard dal Texas. Il primo che riuscirà a farle vedere tutto ha un senso e c'è sempre qualcosa di buono.

Indonesia, heart
Ultimi 36 deliziosi capitoli alla ricerca del proprio essere, dell'equilibrio, della propria strada e del perchè siamo qui. La guarigione si avvia alla fine, sia dal punto di vista fisico che mentale: chi l'aiuterà in questi due campi saranno Wayan, una guaritrice, e Ketut, una specie di sciamano. Infine, qui, riuscirà a trovare anche l'amore e a fidarsi ancora degli altri e ad essere felice.

martedì 18 ottobre 2011

Il mio nome è Jones, Bridget Jones

Sono già a metà strada. Ho scritto giusto il nome "Bridget" (non riesco mai a scriverlo bene al primo colpo, sono dislessica?) :D
Avrete certamente capito di chi sto parlando, no? Copio pari passo (anche se dovrei dire "cito") direttamente dalla copertina libro:
"La single più famosa del mondo" (Gioia)  
                   e
"Il cult book per le single del Terzo Millennio " (Elle)
Insomma, Miss Jones è la trentenne single che rivive un po' in tutte noi, che abbiamo più di trent'anni o meno. E' un diario della vita di una come tante, una come noi, che ha ei pensieri che, se non sono i nostri ci vanno molto vicino. A mio parere il romanzo è molto più spassoso del film anche se bisogna dire che Colin Firth e Hugh Grant non sono proprio da buttar via e che Renée Zellweger ci sta a pennello nel ruolo di Bridget.

Comunque ho scelto questo argomento proprio oggi per ben 2 motivi:
  1. ho appena riletto il libro: fatelo, leggetelo, io mi sento partecipe in una maniera mostruosamente disumana, mi aspetto in un qualsiasi momenti che Bridget mi telefoni in lacrime (e sinceramente mi sono ritrovata a pensare che sabato volevo uscire con lei)
  2. ieri su un giornale (che ora non ricordo) ho letto una notizia: pare che Colin Firth stia (o stia per) girare il terzo film della fortunata serie, anche se non so se sia vero e se il cast sarà sempre lo stesso. 
A proposito del film però ho i miei riguradi. Il primo era ben fatto, bravi gli attori, però, ovviamente, non era il libro. Il secondo mi ha un po' deluso. Non ho ancora letto il libro però il secondo episodio non regge il confronto con il primo. No davvero. E il terzo, beh, non so veramente come sarà e non so neanche se avrò voglia di vederlo. E' un po' come con Babbo Natale. E' bellissimo che crederci ma è ancor più orribile quando ti dicono che non esiste, strappandoti dal mondo di ovatta dell'infanzia per sempre. Anche se solo un personaggio inventato credo sia un po' l'emblema di tutte coloro che hanno dei problemi con la loro vita sentimentale. Tutte pensano: -se ce l'ha fatta Bridget ce la posso fare anch'io- ed è come la penso pure io. Il problema si pone nel momento in cui ti accorgi che lei faceva un poi' parte della tua vita, era il tuo appoggio, il tuo sostegno morale. Se dovessi vederla nel terzo film veleggiare avvolta in chilometri di tulle tipo bomboniera/meringa penso piangerei ma non di gioia per le, bensì di tristezza perchè mi sembrerà di perdere un'amica (piangerò anche di orrore: odio gli abiti da sposa formato cumulo di panna montata). A questo punto, che fare?



venerdì 14 ottobre 2011

Simon's Cat

Non so che altro titolo dare a questo post. Anzi, non posso dargli un altro titolo. Quando hai detto Simon's Cat hai detto tutto. O almeno, per questa svitata è così. :)  


Simon's Cat (ovvero, il gatto di Simon) è un personaggio partorito dalla mente geniale di un tipo che si chiama, guarda caso, Simon Tofield. 
Mr Tofield è disegnatore e, osservando i suoi suoi gatti, ha inventato questo animaletto (che si chiama Simon's Cat, non c'è nulla da fare) che ne combina di tutti i colori. Ha iniziato (credo) nel 2008 con una serie di video pubblicati sul suo canale di YouTube (gente, robe da 27 milioni di visualizzazioni, non bruscolini, andate a vedere i suoi video) e continua tutt'ora a deliziare il suo folto gruppo di fan e ammiratori. Tra l'altro pubblica anche su carta le sue vignette inedite e non, anzi, in questo periodo dovrebbe essere cominciato il lancio del terzo libro, se non sbaglio. Ha ben 485mila e oltre fan su Facebook, oltre ad avere un suo sito aggiornato con gli ultimi video e collegato con il suo shop online in cui potete acquistare magliette, tazze, accessori per i vostri gatti, calendari cartoline e... beh, insomma, un sacco di altre cose carinissime. 

Comunque, la cosa più particolare dei suoi disegni e, che più mi ha colpito, è che tutto quello che succede i gatti lo fanno veramente. I gesti, le pose, i movimenti sono gli stessi che vedo nella mia gatta. Io muoio dal ridere ogni volta che lo vedo proprio perchè, pur essendo in cartone animato, mi da comunque l'idea di avere davanti un gatto vero.
Dateci un occhiata se volete ridere un po' e credo che lo amerete subito, fin dal primo momento.

Warner Bros.® presents...

Avete presente i cartoni animati della Warner Bros.? Tipo, per dirne uno (a caso), Wile Coyote e Beep Beep. O Silvestro e Titti (Tweety). O chissà quanti altri che ora non mi vengono in mente. Chi non li ha visti almeno una volta? 

Avrete notato  certamente che spesso, nel tentativo di catturare le loro prede o di difendersi, i protagonisti usano alcuni prodotti e oggetti, tutti provenienti dalla stessa ditta, famosa quanto i personaggi che ne fanno uso.
Questa fantomatica azienda è il laboratorio ACME (conosciuto anche  solo come ACME), acronimo di A Company Making Everything, "una compagnia che produce qualsiasi
cosa". Io ho sempre deisderato di poter avere anche solo una cosa proveniente da questa fantastica fabbrica, pur sapendo benissimo che non esisteva realmente. Fosse pure un razzo, dei petardi, un missile, un barattolo di olio o di colla, o anche solo una cassa vuota.

Tutto questo per dirvi cosa? Beh, che ieri sono stata in libreria (non avevo più nulla da leggere) e zigzagando tra gli scaffali sono finita nel reparto fumetti. Oltre ad un altro meraviglioso libro (di cui parlerò domani) che è già sulla mia wishlist, ho trovato una cosa così stupenda che non sapevo nemmeno potesse esistere. Giuro che quando l'ho visto
ho pensato: -Qualcuno mi ascolta-. Nascosto dietro ad un espositore, che, se non fosse che stavo cercando Charlie Brown, non avrei mai spostato, c'era lui: il signor Catalogo ACME. Meraviglia dei miei occhi, è uno dei libri illustrati (è un catalogo, è ovvio che è fatto di figure) per non-bambini più belli che abbia mai visto. Con quei suoi fantastici disegni così retrò, così anni '50.
E la cosa più bella è proprio il fatto di essere fatto esattamente come un catalogo. Ogni pagina è dedicata ad un prodotto, con la sua bella illustrazione, il nome, la descrizione e, in basso, una tabellina con le misure e le quantità del prodotti e i costi e i tempi di spedizione. Tutto rigorosamente in dollari. Ora, è la prima volta che lo faccio in maniera così agressiva ma consentitemelo. Compratelo. Sono tra i 13,50 euro meglio spesi della mia vita. Ho riso fino alle lacrime e da ieri non smetto di sfogliarlo in continuazione. E' veramente bello, ne vale la pena e se non lo trovate in libreria ordinatelo. 

PS: da notare la scritta in basso a sinistra: "estendiamo la soglia del dolore da oltre 60 anni!"

PPS: si, lo so, ultimamente sono un po' troppo fissata con i p, cercherò di darci un taglio. Ciao cari!

martedì 11 ottobre 2011

Hynkelino!

Credo che tutti abbiano già sentito parlare almeno una volta di Charlie Chaplin. Chi non conosce il suo Charlot che, con bombetta e bastone, se ne andava con la sua andatura dondolante per la città, facendo innamorare tutte le giovani che incontrava e bevendo come una spugna, pronto ad attaccar briga con chiunque?

Io adoro un suo sorriso furbetto e tutti i suoi gesti e modi di fare, ognuno attento a provocare immediatamente una risata. 

La passione per Charlie Chaplin l'ho sempre avuta ma quest'estate ho avuto l'occasione di vedere alcuni dei suoi film restaurati e ho deciso che avrei fatto qualsiasi cosa per avere tutti i suoi film. Al momento dell'acquisto mi sono accorta che un suo film lo avevo già (non chiedetemi perchè, non sono nemmeno sicura che sia mio) ed era Il grande dittatore (ma quanto non è bello scrivere il titolo originale? The Great Dictator. Sentite come suona bene?). E' probabile che ne abbiate almeno sentito parlare. E' famoso soprattutto per questa scena, in cui il protagonista (che ora vi dirò) gioca con un pallone/mondo, coccolandolo come se fosse il suo "bambino".

Questo film è del 1940 ed è una pura presa in giro del governo nazista. Charlie Chaplin interpreta sia un barbiere ebreo sia un fantomatico dittatore, Hynkel. Mentre il primo è costretto a cercare di "combattere" contro per non venire arrestato o impiccato, il secondo continua ad invadere gli stati intorno al suo stato, la Tomania. Finchè un giorno, questi due personaggi, così simili, finiranno per essere scambiati tra loro e a capo del governo nazista finirà proprio il barbiere ebreo che, al momento del discorso decisivo, finirà per rinnegare tutto ciò che la sua "copia" aveva portato a termine con tanto fervore. 
Qui c'è il discorso finale scritto e in video in italiano e in inglese
Io adoro questo film. Il dittatore è fantastico ed ironico e il suo alleato, Bonito Napaloni, è esilarante. 
E' un film che consiglio a chiunque. Come qualsiasi altro film di Charlie Chaplin. E ricordate, come sta scritto all'inizio nei titoli di testa:
Qualsiasi somiglianza tra il dittatore Hynkel e il barbiere ebreo è puramente casuale.

lunedì 10 ottobre 2011

Life is the ultimate work of art

Non ne sono sicura. Credo sia una citazione di Woody Allen e se così fosse farebbe esattamente al caso mio. Avete presente chi è, vero? Non fatemi spiegare ciò che è ovvio. Woody Allen è chiaramente tra i miei registi preferiti, altrimenti non sarei qui a parlarne. Conosco varie persone che dicono di non capirlo, che non fa assolutamente ridere e che sia un imbecille. Si sbagliano. Non lascio spazio a critiche, aggiunte o spiegazioni. Si sbagliano e basta. Woody Allen, nonostante abbia lo stesso nome dei wurstel, è un genio. Non "secondo me". E' un genio e questo deve essere chiaro a tutti. E' un dato di fatto.

Messo in chiaro questo punto (è una delle certezze su cui si basa la mia vita) passiamo all'argomento di oggi. Che è ovviamente un film di Woody Allen altrimenti che ci stava a fare questa premessa vagamente minacciosa? :) Il film è uno degli ultimi (2008) ed è Vicky Cristina Barcelona. Il cast comprende Javier Bardem - quel figaccione- (nel ruolo di Juan Antonio), Penélope Cruz (Marìa Elena), Rebecca Hall (Cristina) e Scarlett Johansson (Vicky). Queste ultime due, americane, amiche da tempi immemori (per me) se ne vanno in vacanza per un mese a Barcellona, presso la zia di Cristina. Qui si innamorano dell'affascinante pittore Juan Antonio che le invita per un week end a Oviedo.

Vorrei invitarvi tutte e due a venire con me a Oviedo. Mangiamo bene, beviamo e facciamo l'amore.


 Se all'inizio Cristina si dimostra contraria, alla fine, anche se solo per una volta, cederà alle lusinghe del pittore. Vicky invece, viene coinvolta in un ménage a trois con Juan Antonio e la sua ex moglie, Marìa Elena, e si rivelerà essere il collante tra due amanti così opposti. La fine arriva per tutti. Cristina si sposa e si arrende ad una vita monotona e insignificante e Vicky decide di partire alla ricerca di se stessa, pur sapendo che il suo cuore rimarrà sempre con i suoi due compagni.



 Io ho un po' pianto alla fine del film. Ma ve lo consiglio. Di tutto cuore. Vi farà innamorare di voi stessi.

PS: Je suis tombée amoureuse de ça! Ici la bande son (soundtack) de Vicky Cristina Barcelona!

domenica 9 ottobre 2011

Go to Tiffany's. Calms me down right away.

Chi sa di cosa scrivo oggi alzi la mano. Spero ci sia una selva di arti in aria :)

 
Oggi è il giorno di Colazione da Tiffany (che io ancora preferisco scrivere Breakfast at Tiffany's perchè è il titolo originale ed è più bello e... un sacco di altre cose). E' un film un po' speciale per me. C'è la ragazza che cerca di sfondare a New York. Ma non è la solita svampita che vuole solo diventare ricca per compare bei vestiti e gioielli. E' una ragazza che fa questo solo per poter creare un mondo perfetto in cui vivere con suo fratello Fred. Adora Tiffany ma non per i gioielli in se ma per la sensazione che prova nel trascorrere il suo tempo all'interno del negozio. Una sensazione di pace la pervade e chi guarda il film e lei può quasi sentirsi alla stessa maniera. Leggeri. Puri. Preziosi a propria volta come se fossimo gioielli. Fluttuiamo nel negozio come esseri soprannaturali, seguendo lei, la dolce Audrey Hepburn. Chi non l'adora?
E poi c'è il giovane George Peppard, il futuro colonnello Hannibal della famosa serie A-Team (che a mio parere era molto molto carino da giovane... un po' meno con i capelli bianchi), che fa lo scrittore serio ma che nel frattempo fa il mantenuto. Le loro vite cambieranno per sempre grazie al loro incontro e questo film è una delle storie d'amore più romantiche che io abbia mai visto. Inutile dire che ho pianto. Anche stavolta.


PS: per gli Audrey Hepburn maniaci come me ho trovato un sito molto bello (è in inglese però) con un sacco di materiale interessante sulla nostra beniamina: citazioni sue, battute storiche di alcuni suoi film, foto e molto altro ancora!  Si chiama A Tribute to Audrey Hepburn. Merita veramente di darci un occhiata! Fateci un salto, mi raccomando!


venerdì 7 ottobre 2011

Have you ever heard about...?

...The importance of being earnest? Ovvio, non sto parlando di comportamento ma della commedia del celeberrimo (e ahimè, abusato) Oscar Wilde. Che nella sua vita non ha solo scritto Dorian Gray e pronunciato eccellenti aforismi. La sua opera é molto più vasta: un'enorme raccolta di poemi, alcuni racconti, tragedie e commedie. Tutte caratterizzate ovviamente dalla sua arguzia e brillantezza. Tra le commedie quella più famosa e che io amo é appunto The importance of being earnest. C'é un motivo per cui continuo a scriverne il titolo in inglese. Infatti, il caro Oscar ha inserito un fantastico doppiosenso: earnest in inglese vuol dire "onesto" ed é allo stesso tempo molto simile al nome Ernest. Questo gioco di parole ovviamente in italiano non rende se traduciamo earnest con Ernesto. Di conseguenza alcuni traduttori concordano nel tradurlo con Onesto, di significato più simile all'originale. Ora, in tutta sincerità, sto ancora cercando la copia in inglese ma al momento mi accontento de l'importanza di essere Onesto. Che leggo e rileggo cercando di figurarmi gli attori sul palco, improvvisandomi regista e immaginando come rendere tutte le sensazioni che mi ha provocato la prima lettura. Tutta l'ipocrisia e la stupidità delle ladies altezzose e altere dietro i loro ventagli, giovani vedove, ricche ereditiere, acide zitelle e fresche sposine, che discutono di frivolezze e pettegolezzi, mentre gli uomini fumano a parte. Come rendere tutto ciò e molto altro?
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lunedì 7 marzo 2011

Nulla c'è d'eguale in questo mondo / a tre topolini ciechi / che fanno il girotondo.

La famigerata pensione dei coniugi
Davis (inquientante, eh?)


Io adoro i libri di Agata Christie, mi sembra di averlo già detto. Ragion per cui l'altro giorno, mentre oziavo in libreria, mi sono fiondata sullo scaffale dei suoi libri e ne ho fatto incetta... Tra i molti che mi sono capitati fra le mani uno in particolare mi ha colpito: si tratta del volume Tre topolini ciechi e altre storie. Qui sono racchiusi 9 (e dico 9!) racconti della regina del giallo, uno più bello dell'altro, brevi e perfetti da leggere prima di andare a dormire così ogni ombra si trasforma in un pazzo omicida :) scherzo ovviamente... Comunque, quello che mi ha colpito più di tutti è stato il primo, Tre topolini ciechi, che da appunto il nome al libro. Madama Christie qui racconta di una pensione, gestita da due giovani sposi di guerra (avete presente, no, il periodo in cui scrive Agata Christie?). Nella pensione restano bloccati dalla neve i due con quattro loro clienti e un poliziotto mandato ad investigare su un omicidio avvenuto a Londra due giorni prima. Cosa centreranno queste persone con l'assassinio della signora Lyon? Perchè l'omicida ha lasciato sul corpo di quest'ultima un biglietto con tre topolini disegnati e un rigo musicale? E infine, l'omicida arriverà al suo scopo finale?
Due sono le cose interessanti da dire: la scrittrice ha preso spunto da questo racconto per la sceneggiatura di Trappola per topi, la sua commedia poliziesca per eccellenza, che è stata replicata ininterrottamente per quasi 60 anni ed è stata la più vista con  11 milioni di spettatori.
La seconda cosa che volevo dirvi o, piuttosto, farvi notare, è il fatto che a me ricorda qualcosa, in particolare un film: la prima cosa che ho pensato, una volta finito il racconto, è stata: "ma... sembra Shining!" (sto parlando del film di Kubrick, che è del 1980; il libro non l'ho ancora letto... non ancora ;) ). E' stato proprio il mio primo pensiero. Probabilmente molti si troveranno in disaccordo con me ma non posso fare a meno di pensarla così: l'hotel/pensione bloccato dalla neve, marito e moglie, un pazzo assassino che gira a piede libero... Lo so, è la base ma provate a leggerlo anche voi... Forse mi darete ragione;)



Three blind mice. Three blind mice.
See how they run. See how they run.
They all ran after the farmer’s wife,
Who cut off their tails with a carving knife,
Did you ever see such a sight in your life,
As three blind mice?
Tre topi ciechi. Tre topi ciechi.
Guarda come corrono. Guarda come corrono.
Vogliono prendere la moglie del contadino,
che ha tagliato loro la coda con un cortellaccio,
Hai mai visto nulla di simile in vita tua,
a tre topi ciechi?

venerdì 4 febbraio 2011

Jeux prestigieux

Dopo la mia fase "leggiamo-i-racconti-sulla-Shoah" sono passata (non si sa come, non c'è un nesso tra le due cose a parte l'epoca storica) ad una sfrenata passione per Agatha Christie. E ho scoperto numerose cose sul suo conto che me l'hanno fatta amare non solo come autrice ma anche come persona. Io mi affeziono con poco ;). Intanto, non tutti sanno che la regina del giallo non ha scritto solo di Hercule Poirot (è il più conosciuto), ma anche di Miss Marple, la coppia Tommy and Tuppence, Parker Pyne e ultimi la coppia Quin and Sattertwaithe. I miei preferiti restano però Poirot (a parer mio, anche se pignolo, è meraviglioso; guardo sempre i suoi film) e Miss Marple (quell'amabile vecchietta). Pian pianino ho cominciato la mia collezione fino ad avere tutti i romanzi dei miei prediletti.
Di recente, questa mia "fissa" per Mrs. Christie è tornata (con mio grande piacere) e ho ricominciato a leggere le sue opere. La prima è stata (come forse avrete capito) Miss Marple: Giochi di prestigio. Il titolo originale ve lo metto perchè sapete che io ho le mie "attrazioni fatali" (dicesi "fisime") per i titoli in lingua originale: They do it with mirrors. Comunque sia, il libro mi è piaciuto molto, come la prima volta, anche se sapevo già l'assassino. Stranamente, al momento non mi viene in mente un libro della Christie in cui l'assassino sia il classico maggiordomo. Io non scrivo niente sulla trama (sveleri l'assassino subito con i miei commenti), per cui, se non sapete se vi potrebbe interessare, qui c'è un ottimo riassunto che riesce a lasciare il lettore all'oscuro di tutto. Dono del cielo!

PS: esiste un libro Creme e crimini che raccoglie tutte le ricette di Agatha Christie e che da anche interessanti informazioni sulle sue opere e la sua vita. Se vi capita sott'occhio in libreria non lasciatevelo scappare perchè ne vale veramente la pena. Dovete A S S O L U T A M E N T E provare la Delizia mortale! 'Notte...

giovedì 3 febbraio 2011

Appelsinpiken

Come promesso, oggi scrivo della Ragazza delle Arance di Jostein Gaarder (tesoro!). Io adoro questo libro (per chi non l'avesse capito) e anche questo autore (anche questo probabilmente non era chiaro XD). Mi piace molto perchè è dolce, carino, delicato, come un  po' tutti i suoi romanzi. La copertina è molto bella; io sono fissata con le copertine dei libri, se l'immagine non mi piace io quel volume non lo leggo... lo so, sono un po' superficiale però devo dire che non sono un tipo difficile a riguardo.

Paul Cézanne, Natura morta con Mele e Arance,
1899, Musée d'Orsay

In breve è la storia di un ragazzo, di 14 anni mi sembra, che ritrova una lettera a lui rivolta scrittagli dal padre 10 anni prima, poco prima di morire. In questa lettera è raccontata una storia d'amore, due giovani che si incontrano e si innamorano. Detto così è un classico... Come è pure (quasi) ovvio che alla fine i due sono i genitori di questo ragazzo. E' molto semplice come storia, facile da seguire. E' anche "sugosa" e "aranciosa" (conierei proprio in questo momento un aggettivo atto allo scopo usando la mia parola preferita: "appelsinpikenoso").


Pur nella sua semplicità (ragazzo trova lettera, ragazzo incontra ragazza) devo dire, anche a rischio di usare parole desuete, che è incantevole. Non sto scherzando. Ci resti intrappolato per pagine e pagine senza smettere di leggere. Alla fine poi ho pianto, come al solito (io piango sempre) e quando piango è sempre un libro che vale la pena di vedere;) ve lo assicuro!

mercoledì 2 febbraio 2011

Post-ino

Beh, mi scuso tantissimo per la mia prolungata assenza ma a volte si ha così tante cose da fare che è impossibile tenere testa e tutte...
Comunque oggi un piccolo post (non perchè sia di fretta, cioè, un po' si, ma non è questo il punto...) sul 27 gennaio. Non tutti sanno che il 27 gennaio è la giornata della memoria (si, è vero, non ne sono tutti a conoscenza). Questa data ricorda il giorno in cui sono stati per così dire "aperti" i cancelli di Auschwitz (27 gennaio 1945) ed è un simbolo della liberazione dei lager e dei campi di concentramento. Questa festa è stata istituita solo nel 2000 ma è ormai comune nelle scuole svolgere attività di vario tipo nell'ambito appunto di questa festività. Io, qualche anno fa, sono passata attraverso la fase "scopriamo-tutto-riguardo-i-campi-di-concentramento-attraverso-i-racconti-dei-sopravvissuti" e ho letto molti dei romanzi scritti da ex prigionieri. Tra questi c'era anche il Bambino con il pigiama a righe di John Boyne, che ancora non era né famoso come lo è oggi, né un film. E' un libro bellissimo e ho pianto come una fontana, mentre la trasposizione vorrei vederla ma alla fine evito perchè deve essere ancora più triste del romanzo stesso. Comunque, non era di questo che volevo parlare.
L'argomento di oggi (sii concisa, per favore) riguarda si la Shoah ma è un film che mi è piaciuto tantissimo sia la prima che tutte le altre volte che l'ho visto e che non c'entra molto con Il bambino con il pigiama a righe. Il titolo è Train de vie - un treno per vivere. Sans commentaire la pseudo traduzione (che mi ha sempre un po' orripilato), posso dire che è uno dei miei film preferiti, nonostante il tema trattato, proprio per la maniera in cui la Shoah è "dipinta". Non è la "solita" deportazione (se mi permettete questa licenza, le deportazioni non sono cose normali), con descrizione della vita nel campo e magari relativa morte del personaggio. Racconta le vite degli abitanti di un villaggio che mettono tutto in gioco per salvarsi e seguendo le idee di un presunto pazzo costruisce un treno per partire alla volta della Palestina. E' perfino divertente in certi punti, non è assolutamente pesante. Ovvio che non ha tutti può piacere questo tipo di rappresentazione. L'unico problema sta nel finale. A mio parere non ha una sola interpretazione. O forse è quello che io preferisco credere. Ma non importa. Il the end come al solito non ve lo racconto perchè i film si scoprono da soli. Vedremo come la penserete. Io, l'unica cosa che vi dico, è che adoro gli shtetl e i loro abitanti e se vedrete il film capirete perchè.

 
E mi raccomando, per quanto bello possa essere, niente paragoni con "La vita è bella". Sono fatti in maniera completamente diversa e un confronto tra due capolavori è una cosa pressocché inutile.

martedì 18 gennaio 2011

Encore des enfants?

Vi capita mai di aver voglia di vedere (o leggere) un film (o un libro) principalmente dedicato ai bambini e all'infanzia? Forse si forse no, ognuno di noi è diverso. Tutto questo per dire che ieri (è cortissimo, l'ho letto in un oretta) ho letto C'è nessuno? di Jostein Gaarder, uno scrittore norvegese di fama mondiale, in particolare per Il Mondo di Sofia (di questo parlerei un'altra volta...) e della Ragazza delle Arance (anche questo lo teniamo per un'altra volta). Cielo, quanto adoro il titolo originale in norvegese: Appelsinpiken. Potrei ripeterlo tutto il giorno. Ha un suono così... arancioso... 
Ritorniamo dai miei deliri fonetici. Parliamo del mio amato Gaarder. E' stato un professore di filosofia prima di cominciare a scrivere. I suoi romanzi sono sempre pieni di riferimenti filosofici (di filosofia, infatti, parla Il Mondo di Sofia) e di ragionamenti che non ti fanno sentire stupido (cioè, un pochettino si), ma più che altro ovvio, scontato, vecchio, come se non avessi mai utilizzato veramente il tuo cervello, e finalmente avessi visto un po' di luce dopo esserci stato solo buio, polvere e ragnatele. I suoi libri sono per me come raggi luminosi nell'oblio della mia ignoranza (non sto scherzando). Di sicuro "filosofeggiare" in questa maniera è molto più interessante che farlo con un insegnante, il cui unico intento è far recepire il messaggio e non cercare di lavorarci sopra a sua volta con l'alunno, riflettere e sviluppare nuove idee. Almeno, io la penso così (non me ne vogliano i professori di filosofia: sto generalizzando:). 
La mia edizione

Un'edizione inglese
(Ma non è carinissima? :)
Dato che la sottoscritta ha qualche problema nel distinguere quali libri sono consigliati per la sua età (e qui si che sto scherzando), quando si è trovata davanti un libro di Gaarder, anche se non proprio adatto a lei, ha pensato bene di comprarlo.
E qui si parte realmente con il parlare del libro. Joakim, 8 anni, a casa con la zia, aspetta che nasca il suo fratellino in ospedale. Uscendo in giardino incontrerà per la prima volta Mika, un "bambino alieno" che attraverso varie curiose domande porterà Joakim a porsi a sua volta altri interrogativi con un innocenza e una curiosità ormai poco usuale nel mondo degli adulti. Mika gli trasmetterà la voglia di conoscere, apprendere e a sua volta insegnare pur mantenendo i tratti tipici di un bambino.